L’ECONOMIA DI ROMA: OPERE PUBBLICHE

istituto nazionale di architettura – lazio

ente riconosciuto giuridicamente con Decreto del Presidente della Repubblica n° 236 del 28 marzo 1972

i lunedì dell’architettura

3 dibattiti su “l’economia di Roma”

N.2 – L’ECONOMIA DI ROMA: OPERE PUBBLICHE

Lunedì 2 febbraio 2015 – ore 18,00 | ACER – via di Villa Patrizi 11, Roma

 

Questa città può ripartire solo con massicci investimenti nelle opere pubbliche, che vanno assolutamente reperite anche allentando il patto di stabilità; ma sarebbe inutile senza modalità corrette di affidamento e gestione dei lavori.

Dopo il primo dibattito sul comparto industriale,  l’IN/ARCH Lazio propone un focus sul settore trainante degli appalti pubblici (in calce si propongono alcuni spunti di riflessione)

introduce Luca Zevi  Presidente IN/ARCH Lazio

intervengono:  Edoardo Bianchi  Presidente ACER, Anna Maria Giovenale  Preside Facoltà di Architettura Sapienza Università di Roma,  Maurizio Pucci  Assessore  Lavori Pubblici, infrastrutture, manutenzione urbana Roma Capitale, Pierluigi Piselli Avvocato, Ermete Realacci  Presidente Commissione Lavori Pubblici Camera dei Deputati,   Livio Sacchi Presidente Ordine Architetti  PPC di Roma

coordina Marco Vivio Consiglio Direttivo IN/ARCH Lazio

 

Spunti per il dibattito

Investimenti: Una prima riflessione va fatta sugli investimenti, che devono assolutamente aumentare altrimenti l’economia romana non riparte. L’edilizia è un volano complessivo del sistema e non un semplice settore economico. Poi, nell’ambito degli stanziamenti, sarà bene privilegiare quelli indifferibili come la manutenzione stradale ed idrogeologica, la riqualificazione delle scuole e degli ospedali e non presunte grandi opere non necessarie e a volte “decotte” per le innumerevoli varianti e già rifinanziate più volte (come il Centro Congressi Eur “Nuvola” o il non urgentissimo Ponte della scienza).

Procedure di attuazione:  Le procedure di attuazione dei lavori pubblici in Italia presentano non solo  criticità funzionali ma anche etiche (v. i più i recenti episodi corruttivi negli affidamenti e nell’attuazione dei lavori: Mose, Expo, G8, ricostruzione L’Aquila).

Si impone una revisione del sistema normativo ed anche di intervenire sulla formazione dei quadri della PA e dei progettisti. Si elencano di seguito alcune delle principali problematiche e qualche ipotesi di soluzione.

  • Criticità relative alle modalità di redazione del progetto. Occorre assicurare alle procedure di affidamento un progetto esecutivo di livello europeo, il più possibile immune da lacune ed errori. Il progetto esecutivo lacunoso è la causa-madre del proliferare del contenzioso (a volte artificioso) tra PA e impresa, e della mancanza di trasparenza nelle procedure di affidamento ed attuazione. Affidare l’esecutivo all’impresa, magari a seguito di OEV (offerta economicamente più vantaggiosa come criterio di selezione), mette l’impresa stessa in oggettivo conflitto di interessi e lascia spazi eccessivi alla discrezionalità, con conseguenti situazioni poco chiare.
  • Ipotesi di soluzione. Abolire il progetto definitivo lasciando in vigore il livello preliminare, ad uso soprattutto della programmazione, e il progetto esecutivo, vero cardine del momento attuativo. Il focus sull’esecutivo impone che su di esso non ci sia tolleranza in merito alla qualità: deve essere cantierabile e quindi il progettista assolutamente all’altezza. Si impone quindi un serrato confronto con le università e gli ordini professionali che devono ritornare a garantire che i professionisti formati ed abilitati siano adeguati al compito.
  • Criticità nelle procedure di selezione delle imprese e affidamento dei lavori. Tutta la legislazione più recente, derivante sostanzialmente della “legge obiettivo” del 2001, ha creato con la scusa dell’urgenza, spazi di discrezionalità nei quali si sono inseriti i più clamorosi episodi corruttivi. Nei grandi affidamenti il sistema concessorio, in Italia, ha sostanzialmente abolito la concorrenza. Nei medi appalti, sopra soglia comunitaria (5.000.000 di euro), la preferenza accordata dalla normativa europea al criterio di selezione della OEV, unito a carenze oggettive nella formazione e preparazione della PA, ha aperto spazi eccessivi alla discrezionalità delle commissioni giudicatrici e quindi alla intromissione politica negli affidamenti, con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Anche sotto soglia si ricorre, a volte con motivazioni risibili, all’adozione della OEV. Il Governo, sempre con la motivazione dell’urgenza, sembra voler proseguire su questa strada ipotizzando una “preselezione” di 3 imprese da invitare alla gara a discrezione della PA.
  • Ipotesi di soluzione.  In presenza di un progetto esecutivo veramente cantierabile e della certezza di controlli adeguati in fase di esecuzione dei lavori (v. anche il punto successivo relativo alle direzioni lavori e collaudi), l’impresa raramente ha interesse a produrre offerte in perdita. Forse è il momento di ricominciare a considerare la procedura classica, quella che a fronte di un progetto mette in concorrenza le imprese  sul piano economico. Nessuna impresa che è certa di essere sanzionata in fase esecutiva presenta un’offerta fuori mercato: lo fa solo se ritiene di avere la possibilità di “aggiustare” il risultato economico dopo,  in sede di esecuzione. Un riforma in questa direzione darebbe più spazio alle imprese serie, quelle che partecipano alle gare solo valutando i lavori da eseguire, ed alla concorrenza leale.
  • Criticità nella direzione dei lavori e nel collaudo delle opere. Le carenze formative hanno determinato nel tempo il progressivo scadimento della qualità professionale dei dipartimenti tecnici degli enti appaltanti (naturalmente con le dovute eccezioni). Questo punto si collega quindi al precedente: l’inadeguatezza professionale (e a volte purtroppo morale) delle direzioni lavori e dei collaudatori, rendono possibili quelle disfunzioni nel controllo che sono la premessa all’attuale scadimento del sistema delle OOPP.
  • Ipotesi di soluzione. Un direttore dei lavori all’altezza, in presenza di un progetto esecutivo di livello europeo può, insieme al collaudatore, garantire la corretta esecuzione di un’opera in presenza di un’impresa adeguata. In caso di imprese non all’altezza o che hanno vinto con ribassi fuori mercato, sarebbe lo stesso sistema sanzionatorio se applicato con equità a garantire il non ripetersi dell’inconveniente. Un po’ come con gli automobilisti: è la paura della sanzione che determina la disciplina nella viabilità. Ed è interesse anche degli imprenditori seri che questo accada, in quanto coi sistemi attuali vengono premiati piuttosto quelli che sono abili nelle manovre poco chiare con la controparte pubblica. Le imprese naturalmente devono avere a disposizione tutti gli strumenti “classici” e corretti di facilitazione ed autotutela: anticipazione, revisione prezzi, e possibilità formulare riserve.

Conclusioni. Come detto le risorse per i lavori pubblici sono indispensabili alla rinascita economica della Capitale, e vanno reperite e stanziate anche allentando il patto di stabilità. Ma questo sforzo sarebbe inutile senza un profondo rinnovamento nelle procedure e soprattutto nei funzionari e professionisti  che devono attuarle.  Il focus è quindi sulle procedure, ma anche sulla formazione: sulle scuole, sulle università (compresa l’alta scuola di formazione per la PA) e naturalmente sugli ordini professionali.

Per l’immediato. Certo,  la riqualificazione del sistema formativo richiede tempi lunghi. Per l’immediato, si potrebbero indicare nuovi criteri nazionali di selezione dei direttori dei lavori, più attente alla effettiva professionalità, e  magari formule di reperimento di figure esterne al territorio (un pò come per i commissari esterni per gli esami di maturità) per diminuire il rischio di conflitti di interesse e rendere inefficaci legami pregressi e collusioni con la politica o con le  con le controparti imprenditoriali.

Sempre per l’immediato,  ferme restando le perplessità sopra esposte sulla Offerta economicamente più vantaggiosa, si potrebbe prevedere anche  per le commissioni giudicatrici OEV relative ad iniziative in partenza l’utilizzo di professionalità esterne al territorio.