IN/ARCH incontra PIETRO BARUCCI
70 anni di professione
Premio alla carriera IN/ARCHITETTURA 2020 – Lazio
Martedì 22 novembre ore 16:30 | Roma, Ance sala Colleoni, via G.A. Guattani 16.
Prolusione Alessandra Muntoni
Interventi: Mario Avagnina, Clementina Barucci, Federico Bilò, Antonio Ciucci, Ruggero Lenci, Alessandra Montenero, Simone Ombuen, Maria Luisa Palumbo, Pino Pasquali, Elio Piroddi, Patrizia Pizzinato, Giuseppe Pullara, Franco Purini, Emma Tagliacollo, Marco Vivio, Luca Zevi
Coordina Massimo Locci
Nel corso dell’evento sarà consegnata la targa Premio alla carriera IN/ARCHITETTURA 2020 – Lazio e proiettato il documentario Pietro Barucci Architetto, 70 anni di professione.
Pietro Barucci
Nasce a Roma nel 1922 in una famiglia di artisti, progettisti e costruttori e si laurea nel 1946 con Arnaldo Foschini.
Il suo rapporto con il mondo universitario è conflittuale: si allontana con Muratori, ritorna chiamato da Libera e dopo una breve collaborazione con Quaroni lascia definitivamente l’insegnamento e si dedica alla professione.
Dagli anni Quaranta sviluppa un’intensa attività progettuale in particolare nel campo dell’edilizia residenziale, dell’edilizia scolastica e dell’industrializzazione edilizia, partecipando a vari concorsi e conseguendo importanti riconoscimenti. Negli anni Sessanta e Settanta si occupa di piani urbanistici in Tunisia ed Etiopia. Pragmatico, aggiornato nei linguaggi ma lontano dalle mode, in circa 70 anni di attività Barucci ha sempre creduto nello scambio proficuo tra committenza, impresa realizzatrice e progettista. Ha ottenuto, infatti, Premi IN/ARCH nel 1990 e nel 1992.
Tra le sue opere romane: una elegante palazzina in via Monti Parioli (1948), un edificio in linea nel quartiere INA-Casa al Tuscolano (1950), l’Istituto industriale a Pietralata (1961-70); la sede ENPAM in via Torino (1962-65); il centro direzionale di piazzale Caravaggio (1963-69); il complesso ISES-IACP di Spinaceto (1965-77); i quartieri residenziali IACP Laurentino 38(1971-84), Torrevecchia (1978-84), Quartaccio (1978-84), i Comparti M4, R5, R11 a Tor Bella Monaca (1980-81), il Piano di Zona Mistica 2. Tutti progetti a grande scala che rappresentano una precisa idea di città contemporanea, sviluppata da Pietro Barucci come tessere di un’ideale città di fondazione.
Tra i progetti in altre città si segnalano: vari quartieri INA-Casa e altri interventi a Livorno, un edificio INCIS a Torino, il Piano Straordinario per l’Edilizia Residenziale di Napoli (1982-92 con Vittorio De Feo) e tra questi gli interventi di riqualificazione degli ambiti di Taverna del Ferro, di Pazzigno e segnatamente di Barra, dove sperimenta una interessante integrazione tra recupero dei centri storici e integrazioni moderne.
Si è molto discusso in questi anni su come sarebbe potuta essere la facoltà di Architettura se, agli inizi degli anni ’60, si fossero sostenuti i progettisti veri, come lo era sicuramente Barucci, rispetto ai teorici della progettazione come Tafuri, che prese il suo posto come assistente di Ludovico Quaroni.
In verità egli è stato realmente ‘docente’ fuori dalla facoltà. Nel suo studio, infatti, collaborarono e si formarono intere generazioni di architetti, talvolta coetanei come Beata Di Gaddo, Ugo Sacco e Vittorio De Feo, o più giovani come Paolo Silvagni, Patrizia Pizzinato, Mario Avagnina, Simone Ombuen.
In una recente intervista sul Corriere della sera Giuseppe Pullara gli chiedeva quali fossero i suoi obiettivi a 98 anni e in un periodo di pandemia. «Sentirmi responsabile di me stesso lanciando lo sguardo in avanti: in fondo, continuo nella dimensione del progettare. Bisogna lasciare da parte i pensieri negativi».
@Foto R. Lenci Roma 1963-68 Centro direzionale di piazzale Caravaggio