Più manutenzione, meno grandi opere: ecco cosa serve a Roma

“Bisogna evitare di concentrare gli investimenti su una o due grandi cose, in certi casi anche di dubbia utilità. Roma ha bisogno di manutenzione, di cose più ordinarie e diffuse: parliamo delle scuole che cascano a pezzi, delle strade che vanno sistemate e, in certi casi, di dissesto idrogeologico”.Può fare alcuni esempi di grandi opere che andrebbero evitate?
“Fermo restando che il cantiere non deve rimanere a metà, un’opera che risulta inutile ed è stata uno spreco di risorse enorme è la Nuvola di Fuksas, perché un centro convegni all’Eur oltre quello che già c’è non serve, e nello stesso tempo ha drenato risorse perché è stata impostata male fin dall’inizio. Un altro spreco di risorse sono le opere di Calatrava che sono rimaste incompiute e inutilizzate. Ma sarebbe un errore anche la Roma-Latina. I lavori sono necessari, ma come manutenzione, come miglioramento e adeguamento di quella esistente, la Pontina, che è anche pericolosa. Bisogna lavorare sulla Pontina aggiungendo una terza corsia da realizzare, però, rimettendo in piedi un sistema decente di gestione degli affidamenti anche alle piccole e medie imprese, in modo da ridare benessere anche al territorio”.
Veniamo al sistema degli affidamenti e delle gare. Cosa non funziona?
“Abbiamo fatto autocritica in questo senso: l’università che non prepara bene gli architetti. Il cardine della serietò di un appalto pubblico, il progetto esecutivo cantierabile che molti architetti non sanno più fare. Questa è la verità. Bisogna ricominciare a formare tecnici preparati. Ma ci vorranno vent’anni. Naturalmente, questo vuol dire che è necessario mettere mano anche alla competenza dei funzionari pubblici. Naturalmente, gli architetti hanno una richiesta da fare: il progetto devono farlo gli architetti. Non le imprese, perché una della distorsioni del sistema degli appalti è che spesso il progetto viene richiesto all’impresa e crea un conflitto di interessi. Normalmente il progetto deve farlo la pubblica amministrazione, possibilmente in proprio: non si capisce perché un architetto del Comune non debba saper fare un progetto”.
Per quanto riguarda gli appalti?
“Bisogna rimettere in fila tutto il sistema. Tornare all’antico: il progetto va messo in gara, che deve essere economica, e se ci sono offerte fuori mercato vanno analizzate ed escluse. Questa è la procedura corretta. Ma non solo, perché dopo ci deve essere un vincitore che deve realizzare l’opera. Una volta i tecnici delle imprese prendevano visione del progetto, che era già cantierabile, e facevano un’offerta economica prendendo un impegno preciso. E i veri imprenditori realizzavano l’opera. Bisogna ritornare a questo”.
E l’eccesso di ribasso?
“Ci sono due modi per evitarlo: il primo è analizzare i ribassi anomali con una commissione, seria e non corrotta, con la possibilità che possano essere esclusi. Il secondo modo è che l’imprenditore deve essere certo che l’amministrazione lo costringe a eseguire il lavoro. Gli imprenditori che fanno offerte fuori mercato pensano di rientrarci dopo con le famose perizie di variante. Ma se il sistema dei controlli funziona e l’imprenditore sa che se fa un’offerta fuori mercato la deve realizzare e ci rimette i soldi, alla fine il calmiere funziona. E questa è una cosa che vogliono anche gli imprenditori seri, perché non vogliono che il mercato sia drogato”.
“i lunedì dell’architettura” L’ECONOMIA DI ROMA: OPERE PUBBLICHE